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Il pesante contributo dell’automotive

21/11/2019 - Continua a crescere il carico fiscale complessivo gravante sulla motorizzazione italiana che nel 2018 ha toccato i 76,3 miliardi di euro, con un incremento dell’1,5% rispetto all’anno precedente. La percentuale del gettito fiscale derivante dal comparto sul Pil risulta del 4,3%, la più alta tra i maggiori Paesi europei, la cui media è attorno al 3,1%. I numeri sono stati diffusi oggi da Anfia.

“Gli introiti derivanti dall’acquisto degli autoveicoli - IVA e IPT – ha commentato Paolo Scudieri, Presidente di Anfia -  risultano rispettivamente in crescita sul 2017 dello 0,4% e del 2,1%, per effetto combinato di un andamento negativo delle immatricolazioni complessive di autoveicoli (3,1%) e di un incremento del 4,7% del mercato dell’usato nel 2018. Il gettito derivante dall’acquisto e dal possesso dell’autoveicolo cresce, nel primo caso, dello 0,7%, per un totale di 9,4 miliardi di Euro, e nel secondo del 4,6%, per un ammontare di 6,8 miliardi. Ma è come sempre il gettito derivante dall’utilizzo dell’autoveicolo a confermarsi la voce di maggior entità, pari al 78,7% del gettito complessivo proveniente dal comparto, per un valore di 60,1 miliardi di Euro, in aumento dell’1,3% rispetto al 2017”.

Concorrono a realizzare una cifra così elevata voci di prelievo fiscale come quelle relative ai carburanti (36,7 miliardi di Euro, in crescita del 2,1%), e all’IVA su manutenzione e riparazione, acquisto ricambi, accessori e pneumatici (10,7 miliardi di Euro, in aumento del 2,5%).

“È innegabile – ha aggiunto Scudieri - che l’automotive sia uno dei settori più tassati nel nostro Paese, su cui, tuttavia, rischiano di abbattersi ulteriori vessazioni. Nel Disegno di Legge di Bilancio 2020, infatti, è previsto un innalzamento della tassazione sull'auto aziendale in fringe benefit che, anche se declinata su tecnologie o fasce emissive, è semplicemente una nuova tassa che pagheranno i lavoratori dipendenti e le aziende. Nuova tassa che, a nostro avviso, avrà anche effetti controproducenti in termini ambientali, perché colpisce quella parte del mercato che più supporta lo svecchiamento del parco circolante, oltreché effetti recessivi sul Pil dovuti all’impatto diretto sulle vendite del nuovo e sulla relativa produzione nazionale. Portare avanti questa misura significherebbe fare un enorme passo indietro, allontanandosi ulteriormente dagli standard europei, considerando che già l’auto aziendale italiana in generale è più penalizzata in termini di detraibilità e di deducibilità. Per questo di concerto con le altre associazioni di settore, con Confindustria e con i sindacati, chiede a gran voce il ritiro della misura sul fringe benefit e, al contrario, supporta l’introduzione di misure di accompagnamento alla difficile transizione verso nuove forme di mobilità sostenibile, senza produrre effetti negativi sul mercato”.

 

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