Tagliare o morire? Sembra essere questo il bivio a cui è giunta la tedesca Bosch, colosso mondiale dell’automotive e non solo. La decisione presa il 25 settembre scorso è quella di optare per la soluzione numero uno, proprio per non rischiare di soccombere, come già è successo a concorrenti esteri altisonanti, quali la nostrana Magneti Marelli. Così l’azienda fondata da Herr Robert a Stoccarda nel lontano 1886 taglierà – entro il 2030 - ben 13mila posti di lavoro, pari al 3 per cento della forza lavoro globale del gruppo teutonico. Le fabbriche e i centri ricerca nei dintorni di Stoccarda saranno quelli maggiormente interessati ai tagli, con 3.500 posti di lavoro in meno nel sito di Feuerbach, specializzato nell’idrogeno, altri 1.750 posti verranno cancellati invece nella sede di Schwieberdingen, mentre la fabbrica di Waiblingen chiuderà entro il 2028 perché focalizzata su business non più centrali: circa 600 dipendenti andranno a casa. Ma non va meglio anche a rami che invece dovrebbero ‘tirare’ in questo momento, come quello dei motori elettrici, perché l’insediamento di Bühl, sempre nel Baden-Württemberg, cancellerà 1.550 posti. Altri 1.250 verranno persi infine nello stabilimento di Homburg, che fabbrica componenti per cinematiche a gasolio dei veicoli industriali.
In totale un risparmio pari a 2,5 miliardi di euro, per raggiungere così una redditività del 7 per cento nel settore automotive. Per l’anno in corso, Bosch prevede una crescita del 2 per cento, a circa 57 miliardi di euro. Vedremo a fine anno se i numeri saranno confermati.
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