L’inglese Jaguar si ferma per una pausa di riflessione necessaria a riprogrammare la propria strategia. Almeno in patria. È proprio di questi giorni l’annuncio della Casa di Coventry – da anni sotto l’ombrello dell’indiana Tata – che il Suv F-Pace sarà consegnato nel mercato domestico solo fino a esaurimento scorte. Dopodiché verrà decretato lo stop alla vendita di auto nuove fino al 2026, quando dovrebbe arrivare (ma il condizionale a questo punto è d’obbligo) l’auto della rinascita, una granturismo elettrica a quattro posti da circa 600 cavalli. All’estero, questo Suv, continuerà invece a essere commercializzato, così come l’E-Pace e l’I-Pace, o le berline Xf ed Xe, mentre la coupé F-Type è uscita di scena definitivamente l’estate scorsa.

Ma Jaguar non è il solo marchio di Sua Maestà a passarsela male. Aston Martin, l’auto dell’agente segreto al servizio della corona (almeno nei film di 007), ha appena annunciato di perdere circa 1,8 milioni di dollari al giorno, con la conseguenza di dover tagliare di mille esemplari le previsioni di produzione del 2024, soprattutto a causa del calo della domanda cinese.

Non va meglio infine un altro iconico brand britannico, da qualche tempo controllato dalla cinese Geely, Lotus. Nel secondo trimestre di quest’anno, la Casa fondata da Colin Chapman ha riportato una perdita netta di 202 milioni di dollari, con le vendite di veicoli elettrici che non si traducono in profitti, anzi. Lotus ha perciò annunciato delle misure draconiane per salvare il salvabile, a partire dal taglio di duecento dipendenti nel solo Regno Unito, replicando così quanto già fatto nel luglio del 2023. Lotus aveva previsto di vendere 26mila unità quest’anno, ma ha già ridotto il proprio obiettivo di oltre il 50 per cento a 12mila vetture, stante un riallineamento del mercato.